Biblioteca: Grandi classici latini
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Biblioteca: Grandi classici latini
Lo bon maestro cominciò a dire :
" Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:
quelli è Omero poeta sovrano;
l'altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.
Però che ciascun meco si convene
nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore, e di ciò fanno bene".
(Inferno - Canto IV - 85-93)
Apuleio, L’asino d’oro
Apuleio, Sulla magia
Catullo, Poesie
Cesare, La guerra gallica
Cesare, La guerra civile
Cicerone, Contro Catilina
Cicerone, Il fato – Il sogno di Scipione
Cicerone, La vecchiaia – L’amicizia
Cicerone, Dei doveri
Cicerone, Dello Stato
Cicerone, Tusculane
Cicerone, Bruto
Cicerone, Filippiche
Cicerone, Sulla natura degli dei
Fedro, Favole
Giovenale, Satire
Livio, Storia di Roma
Lucano, Farsaglia
Lucrezio, La natura
Marziale, Epigrammi
Orazio, Epistole
Orazio, Le satire
Orazio, Odi – Epodi
Ovidio, Amori
Ovidio, Eroidi
Ovidio, Metamorfosi
Ovidio, Tristia
Persio, Satire
Petronio, Satiricon
Plauto, Anfitrione – Bacchidi – Menecmi
Plauto, Miles gloriosus
Properzio, Elegie
Sallustio, La congiura di Catilina
Sallustio, La guerra giugurtina
Seneca, Lettere a Lucilio
Seneca, Edipo
Seneca, Dialoghi
Svetonio, Vita dei Cesari
Tacito, Agricola – Germania
Tacito, Annali
Tacito, Storie
Terenzio, Commedie
Tibullo, Elegie
Virgilio, Eneide
Virgilio, Georgiche
Virgilio, Bucoliche
Re: Biblioteca: Grandi classici latini
Tito Maccio Plauto (Sarsina, 255 a.C. .ca - 184 a.C.): le venti commedie che risalivano alla scelta canonica di Varrone continuano ad essere ricopiate per tutto il Medioevo, ma la lettura diretta di Plauto rimase un fatto eccezionale.
Publio Terenzio Afro (Cartagine, 195 a.C. - Stinfalo, 159 a.C.) : continuò a tenere la scena anche dopo la sua morte ed ebbe sempre il favore dei critici più colti e sensibili, che apprezzavano soprattutto la purezza della sua lingua (la lingua urbana dei ceti colti) e la raffinatezza del suo stile. Cicerone, nell’epigramma esametrico riportato nella Vita Terenti, attribuisce a Terenzio un linguaggio scelto insieme a urbanità e a dolcezza del dire. Moderazione dei sentimenti, valori etici apprezzati anche da Agostino, purezza di lingua che faceva di Terenzio un modello di stile: queste le cause che introdussero ben presto le commedie terenziane nella scuola. Nel X secolo Roswitha, monaca del monastero tedesco di Gandersheim (in Bassa Sassonia), la prima poetessa tedesca della storia, per quanto abbia scritto soltanto in lingua latina, compose sei commedie in prosa rimata modellate sulle commedie di Terenzio: intrecci di storie edificanti con il cristiano lieto fine del trionfo delle virtù. Il Medioevo, come l’antichità, dedicò commenti a Terenzio.
Marco Porcio Catone il Censore (Tusculum, 234 a.C. – 149 a.C.): il personaggio di Catone avrà l’onore di varie biografie, ultima quella contenuta nell’anonima opera De viris illustribus del IV secolo. Dopo il IV secolo la conoscenza diretta delle sue opere va scomparendo: sotto il suo nome circolava ormai una raccolta di massime morali in versi, i cosidetti Disticha o Dicta Catonis. Soltanto il De agri cultura sopravviverà integralmente in virtù della sua tecnicità e della sua funzione utilitaristica.
Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.): esercitò un influsso profondo sui più grandi poeti augustei, soprattutto sugli elegiaci, Tibullo e Properzio, e anche sulla poesia imperiale, in particolare l’onore resogli da Marziale, che lo considera il punto di riferimento costante della propria poesia. Fu invece pochissimo noto nel Medioevo: nel IX secolo, proprio nella sua Verona, il Vescovo Raterio recuperò un codice contenente i carmi di Catullo che sarebbe poi scomparso di nuovo e riemerso solo nel secolo XIII (da esso dipende tutta la nostra tradizione).
Tito Lucrezio Caro (Pompei/Ercolano, 98 a.C. – Roma, 50 a.C.): completa assenza del poeta del De Rerum natura dalle opere filosofiche di Cicerone, dove pure la confutazione dell’epicureismo ha larga parte. Si è pensato che Cicerone abbia voluto appositamente ignorare il De Rerum Natura e sminuirne così il valore. Gli autori cristiani leggono Lucrezio e ne criticano apertamente le posizioni, ma a partire dai secoli successivi incominciano a perdersi le tracce dell’opera.
Marco Tullio Cicerone (Arpino, 106 a.C. – Formia, 43 a.C.): per il Medioevo cristiano Cicerone è uno dei massimi mediatori delle idee e dei valori della civiltà antica, maestro di filosofia e di arte retorica. Dante, che pure non lo colloca fra i sommi prosatori, ne ricorda spesso soprattutto le opere filosofiche.
Publio Terenzio Afro (Cartagine, 195 a.C. - Stinfalo, 159 a.C.) : continuò a tenere la scena anche dopo la sua morte ed ebbe sempre il favore dei critici più colti e sensibili, che apprezzavano soprattutto la purezza della sua lingua (la lingua urbana dei ceti colti) e la raffinatezza del suo stile. Cicerone, nell’epigramma esametrico riportato nella Vita Terenti, attribuisce a Terenzio un linguaggio scelto insieme a urbanità e a dolcezza del dire. Moderazione dei sentimenti, valori etici apprezzati anche da Agostino, purezza di lingua che faceva di Terenzio un modello di stile: queste le cause che introdussero ben presto le commedie terenziane nella scuola. Nel X secolo Roswitha, monaca del monastero tedesco di Gandersheim (in Bassa Sassonia), la prima poetessa tedesca della storia, per quanto abbia scritto soltanto in lingua latina, compose sei commedie in prosa rimata modellate sulle commedie di Terenzio: intrecci di storie edificanti con il cristiano lieto fine del trionfo delle virtù. Il Medioevo, come l’antichità, dedicò commenti a Terenzio.
Marco Porcio Catone il Censore (Tusculum, 234 a.C. – 149 a.C.): il personaggio di Catone avrà l’onore di varie biografie, ultima quella contenuta nell’anonima opera De viris illustribus del IV secolo. Dopo il IV secolo la conoscenza diretta delle sue opere va scomparendo: sotto il suo nome circolava ormai una raccolta di massime morali in versi, i cosidetti Disticha o Dicta Catonis. Soltanto il De agri cultura sopravviverà integralmente in virtù della sua tecnicità e della sua funzione utilitaristica.
Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.): esercitò un influsso profondo sui più grandi poeti augustei, soprattutto sugli elegiaci, Tibullo e Properzio, e anche sulla poesia imperiale, in particolare l’onore resogli da Marziale, che lo considera il punto di riferimento costante della propria poesia. Fu invece pochissimo noto nel Medioevo: nel IX secolo, proprio nella sua Verona, il Vescovo Raterio recuperò un codice contenente i carmi di Catullo che sarebbe poi scomparso di nuovo e riemerso solo nel secolo XIII (da esso dipende tutta la nostra tradizione).
Tito Lucrezio Caro (Pompei/Ercolano, 98 a.C. – Roma, 50 a.C.): completa assenza del poeta del De Rerum natura dalle opere filosofiche di Cicerone, dove pure la confutazione dell’epicureismo ha larga parte. Si è pensato che Cicerone abbia voluto appositamente ignorare il De Rerum Natura e sminuirne così il valore. Gli autori cristiani leggono Lucrezio e ne criticano apertamente le posizioni, ma a partire dai secoli successivi incominciano a perdersi le tracce dell’opera.
Marco Tullio Cicerone (Arpino, 106 a.C. – Formia, 43 a.C.): per il Medioevo cristiano Cicerone è uno dei massimi mediatori delle idee e dei valori della civiltà antica, maestro di filosofia e di arte retorica. Dante, che pure non lo colloca fra i sommi prosatori, ne ricorda spesso soprattutto le opere filosofiche.
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